La famiglia (parte prima)

LA FAMIGLIA (PARTE PRIMA)

La nascita di una famiglia avviene per lo più spontaneamente: un esemplare maschile e uno femminile iniziano una danza di corteggiamento che ha una durata variabile. L’atteggiamento dell’uomo è caratterizzato da una serie di azioni che egli, passato il periodo degli amori, abbandonerà completamente quali aprire la portiera alla sua compagna, portare per lei i pacchi più pesanti, passare un intero pomeriggio con lei e le sue amiche, parlare con lei per ore, disertare lo stadio mentre compaiono nel suo vocabolario una serie di nuove frasi ( come sei carina, ti sta bene questa nuova pettinatura, mi piace stare ad ascoltarti), destinate a completare il progetto di corteggiamento e che egli pronuncerà da un minimo di 10 a un massimo di 32 volte nell’arco del suddetto periodo dopodiché saranno completamente dimenticate. Una volta avvenuto l’accoppiamento, gli esemplari maschili da noi studiati subiscono una lenta ma inesorabile trasformazione che li vede perdere le capacità comunicative mentre gli organi uditivi si atrofizzano giorno dopo giorno. L’esemplare maschile, dopo il matrimonio, tende a perdere quasi totalmente anche ogni espressività mimetizzandosi benissimo con gli oggetti che lo circondano. In particolare con la sua poltrona. ( to be continued)


Un pomeriggio in fiera

UN POMERIGGIO IN FIERA

Pomeriggio in Fiera per evento che ho curato per MTM. Sono in anticipo rispetto all'appuntamento con le attrici che dovranno esibirsi e quindi mi siedo e osservo la folla. Folla molto variopinta, spesso botoxata e platinata, minigonnata anche se non particolarmente ben dotata. Accanto a me una signora che ogni tanto si alza, fa segno a qualcuno di spostarsi a destra o a sinistra, per poi risedersi spazientita. Allungo il collo e vedo che la segnaletica è dedicata a un signore che intuisco possa essere il marito che dopo un po' la raggiunge.
"Hai fatto le foto?"
"Sì"
"Le hai fatte anche a figura intera?"
"Sì"
" Fammele vedere ( inforca gli occhiali) ce ne fosse una in cui sorride!"
La signora molla il telefonino al marito e fende la folla con passo deciso. Si avvicina a una ragazzona che distribuisce dei volantini, si mette dietro di lei e ritorna indietro. E' scontenta. Si siede e finge di sfogliare un catalogo.
"Vuoi che vada a farle altre foto"
( lei tace per un po', poi chiude il catalogo)
" Con quel muso lungo non andrà mai da nessuna parte"
( sbuffa mentre il marito, prende il telefonino e si mette a giocare)
Dopo un po', caracollando su tacchi smisurati, arriva la ragazzona che, vista da vicino, è truccata come uno di quei mascheroni del Carnevale di Viareggio. Sorride la poveretta, mentre si avvicina alla genitrice che si alza di scatto.
"Adesso ti metti a sorridere? Andiamo a casa che è meglio"
Ragazzona ma perché non scappi? Ah già, i tacchi.


L'ottimista!

L'OTTIMISTA!!

Io sono ottimista. Tutto va bene. E continuerà così perché è questo che voglio. E se c’è un problema io lo risolvo. E se qualcosa va storto io lo raddrizzo. E se oggi piove domani c’è il sole. Un sole così. Io vedo tutto rosa perché è il colore dell’alba e l’alba è il futuro. Io sorrido sempre perché il sorriso è importante , il vesto bene perché l’abito fa il monaco, io sono abbronzato anche in inverno perché sono il ritratto della salute. Voglio che la gente mi additi come esempio, voglio contagiare il mondo, voglio essere il leader di chi come me non si lasci abbattere. C’è il buco dell’ozono? Pazienza! L’importante che qui noi, ora, respiriamo e se ci sono guerre nel mondo va bene, l’importante è che siano altrove possibilmente anche più lontano. Io voglio che il Natale sia sempre pacchetti dorati e a Pasqua sia l’uovo con la sorpresa. Io sono ottimista. Guardatemi! Ho una bella moglie nell’apposita casa, i figli nelle apposite scuole, il cane che fa la cacca nell’apposita zona recintata e la mia macchina nell’apposito box. Tutto al suo posto. E anche io ho il mio posto: ho una targhetta con il mio nome sulla scrivania, una targhetta con il mio nome appuntata al petto, una targhetta con il mio nome sulla porta di casa in modo che nessuno mai si dimentichi chi sono. Ho un numero di cellulare, anche mia moglie e i miei figli hanno un numero di cellulare e siamo tutti rintracciabili, tutti on line a ogni ora del giorno e della notte. Se mi vuoi cercare sai dove trovarmi perché ho profili social ovunque che tengo sempre aggiornati perché tutti devono sapere che ho una vita magnifica. Una vita piena. E infatti arriva sera che nemmeno me ne accorgo e la mia carica di ottimismo non mi abbandona nemmeno sotto la doccia profumata di Badedas Energy, nemmeno quando sono davanti a uno dei tanti monitor che ho in casa, nemmeno quando spengo la luce. E prima di dormire, invece delle preghiere, recito i miei PIN.


Tu non puoi capire

TU NON PUOI CAPIRE

Lei 1: Tu non puoi capire.
Lei 2: Capisco benissimo.
Lei 1: Ho delle giornate così piene che 24 ore non bastano.
Lei 2: Vuoi provare una delle mie? A volte non ho nemmeno il tempo di fare la pipì.
Lei 1: Poi uno si chiede com’è che sono così nervosa.
Lei 2: In ufficio prima entra il mio stress e dopo un bel pezzo arrivo io.
Lei 1: Pensa che quando rispondo al telefono dico subito “che problema c’è”
Lei 2: Io raddoppio e dico “che problemi ci sono”.
Lei 1: Tanto vanno sempre in coppia.
Lei 2: A proposito, come è andata?
Lei 1: Male, naturalmente.
Lei 2: Come male?
Lei 1: Allora, intanto abbiamo dovuto rimandare per due volte l’appuntamento.
Lei 2: Chi dei due non poteva?
Lei 1: Io, chiaro. Lui non si sa come, può sempre.
Lei 2: Ma poi vi siete visti?
Lei 1: Dico “fissiamo per domani che mi è saltata una riunione”. Lui dice “ok, a pranzo?”
Lei 2: A pranzo???
Lei 1: Infatti siamo già partiti da schifo. Ti sembra che ho il tempo di pranzare. “Allora alle sette e mezza per l’aperitivo”.
Lei 2: Così presto?
Lei 1: Vedi che tu mi capisci? Allora dice “Per cena alle 21”
Lei 2: Impegnativa, la cena.
Lei 1: L’ho pensato anche io.
Lei 2: Poi avere davanti uno che non ti conosce e ti guarda mangiare…strano no?
Lei 1: Infatti gli dico “dopo cena, beviamo qualcosa, però in un posto dove non ci sia casino, non ci sia musica alta perché a quell’ora di sicuro avrò mal di testa, con i tavoli non troppo attaccati se no mi viene l’ansia e il parcheggio dei taxi vicinissimo”. E lui mi fa “scegli tu”.
Lei 2: Il solito che non vuole prendersi responsabilità.
Lei 1: Meglio così, almeno ho deciso io. Arrivo e appena lo vedo… pentimento.
Lei 2: E’ così brutto?
Lei 1: Non lui. Il maglione.
Lei 2: Noooo!
Lei 1: Orrendo. Mélange. Per fortuna faceva caldo e l’ha tolto subito.
Lei 2: La camicia era meglio?
Lei 1: Passabile. Azzurra. Anonima. Ordiniamo. Beviamo. Parliamo.
Lei 2: Parlate?
Lei 1: Sì è uno che parla. Non che dica cose particolarmente interessanti, però almeno non parla di calcio, di cucina, di bambini. Mi ha raccontato del suo viaggio in Turkmenistan.
Lei 2: Dov’è?
Lei 1: Me lo ha spiegato ma francamente non mi ricordo più. A quell’ora io ascolto e non ascolto. Perché comunque si era fatto tardi.
Lei 2: Già finita la serata?
Lei 1: Magari! Lui fa “ ti accompagno a casa”. Gentile, okey, niente da dire. Però un po’ invadente, scusa.
Lei 2: Decisamente invadente.
Lei 1: Però mi sono lasciata trasportare dal mood kindness e quindi saliamo in macchina. E purtroppo la vedo.
Lei 2: Non mi dire! Lei?
Lei 1: Proprio lei: la coperta del cane.
Lei 2: Su quale sedile?
Lei 1: Per fortuna su quello posteriore. Ma cosa ne so se è stata sempre lì? Ho aperto subito il finestrino ma poi ho pensato fosse peggio.
Lei 2: Certo! Con l’aria i peli si propagano.
Lei 1: Ha anche osato dirmi “ se vuoi metti pure dietro la borsa!”
Lei 2: La tua borsa?
Lei 1: La mia! Figurati se la butto in mezzo alle pulci! Poi finalmente siamo partiti
Lei 2: E nel tragitto hai respirato?
Lei 1: Ho cercato di farlo il meno possibile. Ma ascolta il bello deve ancora venire. Arriviamo sotto casa e lui spegne il motore.
Lei 2: Oddio.
Lei 1: Avrei fatto di tutto pur di uscire da quella macchina e così ho commesso un gravissimo errore.
Lei 2: Non dirmi che lo hai invitato a casa.
Lei 1: Sì
Lei 2: Non ci credo!
Lei 1: Aspetta! Arrivati in casa, io corro in cucina con la scusa di preparare una tisana e mi disinfetto le mani con l’Amuchina. Poi mi siedo sul divano, gli do subito la sua tazza fumante ma lui la riappoggia. Io arpiono la mia con forza ma lui riesce a togliermela di mano. Mi fissa sorridendo e…non riesco a dirlo.
Lei 2: No, ti prego, dimmi che non è successo quello che penso?
Lei 1: E invece sì. E’ stato terribile.
Lei 2: Vuoi dire che ha tentato di…
Lei 1: Sìììììì, ha tentato di baciarmi, ti rendi conto???
Lei 2: Dove andremo a finire!
Lei 1: Mi sono messa urlare, era il minimo che potessi fare.
Lei 2: E lui?
Lei 1: Lui non capiva! Non si è reso nemmeno conto che…dai…in fondo era la prima volta che ci vedevamo.
Lei 2: Infatti!
Lei 1: Sono cose che uno non dovrebbe nemmeno spiegare ma insomma, ci vuole almeno un minimo di conoscenza, di intimità. Insomma ci sono una serie di verifiche che vanno fatte. Tipo lo stato delle gengive e delle mucose in genere.
Lei 2: Anche un controllo dall’otorino per vedere come sono messe le prime vie aeree.
Lei 1: E poi cosa ne so io della sua alimentazione? Perché la bocca e collegata dall’esofago direttamente allo stomaco. Capisci che rischiavo di connettermi con la sua cena!
Lei 2: Bisognerebbe inventare una barriera o qualcosa del genere.
Lei 1: Brava! Mi avesse proposto facciamo sesso, passi. Lui si metteva il suo bel preservativo e ognuno restava con le sue secrezioni. Ma un bacio, un bacio no.
Lei 2: Andrebbe fatta una campagna che scoraggiare tutti a baciarsi.
Lei 1: Una campagna indirizzata soprattutto ai giovani che certe cose dovrebbero saperle.
Lei 2: Ma ci sono dietro troppi interessi.
Lei 1: Già. Troppi.


Il fratello della Signora Lilia

IL FRATELLO DELLA SIGNORA LILIA

Ho dei vicini di casa, come tutti del resto. Qualche coppia con bambini, pensionati, famiglie con figli adolescenti. Ognuno si fa i fatti suoi, come tutti del resto. Poi c’è lei, la signora Lilia che vive con il fratello, tutti e due anziani. Lei è una vicina di casa da manuale. Quella che ti presta il sale, quella alla quale dai la delega per la riunione condominiale, quella che ti ricorda che domani leggono il gas. Due o tre anni fa rientrando a casa, vedo i paramenti a lutto sul portone. E’ morto suo fratello. Io non sapevo quale fosse il suo nome di battesimo, l’ho sempre chiamato “il fratello della signora Lilia”. E allora ho pensato che fosse giusto essere presente al funerale. Così eccomi in chiesa. Non c’è tanta gente, ho fatto bene a venire. Alla fine della funzione e prima dell’uscita della bara dalla chiesa, la signora Lilia passa a stringere la mano agli intervenuti e quando è il mio turno mi dice “è stata davvero gentilissima, non mi aspettavo proprio di vederla!”. Intanto la bara comincia il suo passaggio lungo la navata. E dietro la bara, lui “il fratello della signora Lilia”. Vivo e vegeto. Scopro così di essere andata al funerale di uno sconosciuto ovvero dell’altro fratello che da anni viveva in un ricovero per anziani. Quest’anno, ad aprile, è morto anche lui, “il fratello della signora Lilia”. Non sono andata al funerale. Ho preferito ricordarlo dietro e non dentro alla bara.

Dal 24 al 29 ottobre “L’Inquilino” è al Teatro Litta
adattamento e regia Claudio Autelli – con Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù, Marcello Mocchi

Il romanzo di Topor che ha affascinato anche il regista Roman Polanski, da cui l’omonimo capolavoro cinematografico, è un avvincente thriller psicologico.
Una metafora dell’intera società, una battaglia interiore con le proprie paure.

 

 


Fermata Piazzale Istria (MM5)

FERMATA PIAZZALE ISTRIA (MM5)

Sono le nove. Minuto più minuto meno. Scale della metropolitana lilla. Ancora qualche gradino e sono per strada. Strada che, come ci si aspetta in autunno, è ricoperta di foglie che fanno cric crac quando ci cammini sopra. Ma l’aria è quasi primaverile, c’è un vento leggero e anche la luna. Insomma, bello. Cammino verso casa con le chiavi che tintinnano in mano e vedo poco lontano la figura di un uomo che cammina curvo tenendo per mano una bambina. Capisco che è una bimba perché ha una gonnellina, rossa. Ha anche un giubbotto rosso, rosse anche le scarpe. La borsettina che sfoggia come una piccola signora è a fiori, rossi ma anche blu e bianchi. Mi avvicino sempre di più. Vedo che ha anche due bei codini. Ed è proprio piccola piccola. Istintivamente le sorrido e lei di rimando mi dice “Ciao”. Il gobbissimo padre sta facendo un evidente sforzo per dare dignità a questa sua andatura ma non accenna raddrizzarsi e neppure a prendere la sua bambina in braccio per velocizzare la passeggiata. E mentre sto passando di fianco dice quasi a giustificarsi “ si è messa elegante per uscire di sera”. Caro papà che più tardi probabilmente subirai i postumi di questa camminata innaturale, la tua bambina è proprio fortunata. Ti auguro di camminare insieme a lei a lungo, a lungo, a lungo. Magari un po’ più comodo di così.

 

 


ComeQuandoFuoriPiove

ComeQuandoFuoriPiove

Succede mentre sei lì, seduto sul divano a leggere o alla scrivania mentre finisci un lavoro o ancora mentre stai bevendo un caffè con qualcuno . Succede proprio mentre tu ti stai dicendo o stai dicendo che va tutto bene, anzi benissimo,  che non ci sono problemi, né intoppi. E intanto guardi avanti, perché così ti hanno insegnato: guarda avanti, sempre avanti e guarda che bella strada liscia  che scorre come un tapis roulant.  Peccato non avere almeno lo specchietto retrovisore mentre si viaggia nella vita, perché altrimenti ti saresti accorto di quelle nuvole nere che si stanno addensando alle tue spalle. Se ti fossi girato almeno per un attimo, avresti avuto  il tempo di trovare un riparo, una porta aperta, anche solo un  ombrello! Ma non lo hai fatto. E così, improvvisamente, si alza un vento fortissimo che va in tutte le direzioni, ti fischia nelle orecchie, quasi quasi ti solleva.  Il nero si allarga come una macchia di inchiostro e va a coprire quel bell’orizzonte così limpido. In un attimo ti trovi proprio lì, in mezzo a una tempesta. Nessun punto di riferimento, nemmeno uno.  Cadi, ti rialzi a stento  e, nelle orecchie, fragore e schiocchi. Dicono che durino poco le tempeste, ma a te sembra di essere lì da un tempo infinito. Poi, di colpo, il vento dà un’ultima, indicibile sferzata e tutto si placa. Intorno il paesaggio è cambiato, ti ci dovrai abituare. Ma la tempesta è passata. E puoi riprendere il cammino.

Dal 10 al 14 ottobre 2017
Teatro Leonardo

LA TEMPESTA

Da William Shakespeare - regia Susanna Baccari, Claudio Orlandini

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